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Sono diverse le etichette discografiche nate e concepite per rispondere a precise esigenze di tipo creativo, e Slow Motion è tra queste. Partita nel 2009, annus horribilis per quel che riguarda la musica pressata su vinile, si conquista la considerazione e il rispetto di una platea sempre più ampia in virtù di consapevolezza, coerenza e stile. Slow Motion è legata sin dal debutto al comparto nu disco, declinato in soluzioni plurime a seconda delle occasioni da una scuderia di tutto rispetto. Discodromo, Alien Alien, Marcello Giordani, Francisco, DJ Rocca, Lerosa ed Heinrich Dressel sono solo alcuni di coloro che nel corso degli anni hanno aderito al progetto affidando la propria musica ad un team mosso da fibrillante passione. A caratterizzare il mondo Slow Motion è anche uno spiccato nazionalismo visto che l’intero parco artistico è intenzionalmente accomunato dal tricolore nostrano. Una scelta interessante quanto inconsueta visto l’alto tasso di esterofilia che l’italiano medio si porta dietro da tempo immemore. A svelare le ragioni di questo e tanto altro è uno degli artefici di Slow Motion, Franz Scala.



L’etichetta parte nel 2009 ma, come si può leggere qui, Slow Motion inizia il suo percorso già nel 2005 in ambito eventi. Cosa avvenne in quella fase pre-discografica?

Slow Motion nasce nel 2005 come organizzazione eventi e gruppo di amici legati dalla passione per la musica. A Pescara, in quel periodo, c’erano ben poche serate a base di musica che ritenevamo interessante e quindi decidemmo di attivarci e fare del nostro meglio per creare valide alternative. Uno dei party più belli si svolse sul green di un campo da golf nei pressi di Chieti. In consolle c’eravamo io e Fabrizio Mammarella, andammo avanti sino all’alba con una potenza di sound impensabile per le location estive del tempo, oltre ad una vista meravigliosa sulla Majella.

Come nasce e si sviluppa l’idea di creare una label?

Fu un processo naturale giacché molti di noi producevano musica. Alla fine del 2008 mi trasferii a Berlino, città da cui è stato semplice connettermi con altri artisti italiani ed esteri e sviluppare l’idea che risiede alla base di Slow Motion.

C’è una ragione precisa dietro il nome Slow Motion?

No, non esiste un motivo particolare. Ci rappresentava sin dai tempi in cui organizzavamo eventi e visto che continuava a piacerci abbiamo deciso di tenerlo anche per la label.

Vi siete ispirati a qualcuno per quanto riguarda la gestione e l’indirizzo stilistico?

Quando abbiamo iniziato c’erano diverse etichette che rappresentavano i nostri punti di riferimento: Output, Dissident, Radius, Bear Funk, Pigna, Soul Jazz, Clone, Ghostly International, Supersoul, International Deejay Gigolo ed altre simili che non si focalizzavano su un solo genere bensì su una certa idea di musica. Il concept di base è semplice, prendere spunto dall’estetica e dall’immaginario della disco, italodisco, new wave e cosmic house prodotta in Italia tra gli anni Ottanta e i primi Novanta e reinterpretare il tutto in chiave moderna. Eravamo piuttosto stanchi delle produzioni che erano in circolazione quindi abbiamo cercato di focalizzarci su lavori in cui risiedessero melodie, cambi ritmici, aperture, uso di sintetizzatori e continui riferimenti al passato in modo da stimolare emozioni non necessariamente legate al dancefloor.

Iniziate a pubblicare i primi dischi nel 2009, probabilmente uno degli anni più bui per la musica legata al formato fisico visto che era scoppiato il boom della tecnologia digitale (e conseguentemente dei formati liquidi) e non era ancora sbocciato il fascino per il vintage. Quali sono state le difficoltà iniziali? C’è stato un momento in cui avete pensato di mollare tutto?

Effettivamente il 2009 e gli anni immediatamente successivi non erano ideali per produrre vinili. È stato necessario del tempo e molte pubblicazioni per farci conoscere. Quando abbiamo iniziato non puntavamo a “sfondare” il mercato o alla quantità di dischi venduti, abbiamo sempre prodotto musica perché ci rappresentasse e non per trovare necessariamente consensi in un pubblico più ampio. Per avere più esposizione solitamente le etichette coinvolgono nomi con un certo seguito, che siano autori o remixer, e non nutriamo nulla in contrario a tale pratica, però noi abbiamo seguito una strada diversa, ossia supportare musica in funzione della nostra estetica che potesse avere il più lungo respiro possibile. Al contrario, non abbiamo mai dato troppo peso alla vendita. Senza ombra di dubbio, i primi due/tre anni sono stati difficili, abbiamo prodotto meno e venduto più lentamente ma per fortuna, sino a questo momento, non abbiamo mai vissuto momenti neri.

Economicamente parlando, c’è stato un incremento delle vendite dei vostri prodotti nel corso degli anni d’attività?

Certo, abbiamo constatato un aumento ma è importante sottolineare che ora, rispetto al passato, si riesce a vendere in maniera molto più veloce. Apparteniamo ad un filone musicale ampio ma abbastanza specifico, chi ci segue o segue musica simile a quella che produciamo riesce a trovare i nostri dischi senza alcuna difficoltà grazie ad internet.

Quali sono i tre bestseller del catalogo?

Mediamente, non producendo tirature esagerate, i nostri dischi vendono tutti in maniera simile. A livello di popolarità invece, credo che le tracce più suonate siano state “Disco Wizard” di Francisco, che sembra davvero un pezzo space disco del passato, “Sambaca” degli Alien Alien, diventato un gay anthem, e “Try” di Motorcycle Boy, una delle prime uscite su Slow Motion che invecchia bene come il vino.

La scuderia artistica di Slow Motion verte su artisti esclusivamente italiani fatta eccezione, credo, per il duo dei The Rimshooters in cui presenzia anche il brasiliano Rotciv. Suppongo sia una scelta intenzionale, forse ci tenete a mantenere viva una certa identità?

Sei riuscito a trovare la “falla”, anche se Rotciv è di origine italiana. Essere un’etichetta fatta da soli italiani è il concept principale di Slow Motion, ci piace l’idea di rappresentare un certo tipo di sound importantissimo per la musica italiana ma che poi è stato sottovalutato e messo da parte per molti anni. Avere solo artisti italiani è un vantaggio, limitare il campo quando si seleziona uno specifico sound si è rivelato un autentico punto di forza. Gli italiani con cui lavoriamo hanno capito sin da subito la nostra visione e quando abbiamo chiesto di produrre musica per Slow Motion hanno sempre centrato l’obiettivo, del resto come quelli che ci spediscono musica consapevolmente, che sanno bene quali corde tirare. La specificitá di avere solo artisti italiani ed ispirarci a musica prettamente italiana quindi ci ha aiutato a definire il nostro sound e farci conoscere e riconoscere, soprattutto all’estero.

Discorso differente spetta invece alla sublabel Wrong Era che ha aperto le porte agli stranieri, prima col britannico Kruton e recentemente con l’olandese Mr. Pauli. Cosa vi ha portato a questa scelta?

Wrong Era nasce come party principale di Slow Motion a Berlino, funziona da ormai sette anni ed è praticamente la “sorella internazionale” di Slow Motion. L’idea nasce per raccontare il sound del party che, pur affondando le radici nei generi prima menzionati, ha finito con l’assorbire influenze new beat, electro ed EBM. Il sound che ne deriva quindi è più europeo, ed avendo ospitato nel party tantissimi artisti, abbiamo creato sin da subito le basi di un gruppo che ci permette di attraversare generi diversi ma preservando sempre un filo di continuità.

Oltre alla citata Wrong Era, Slow Motion ingloba al suo interno altre realtà come Lineabeat, Italian Dance Wave, Soundtrack Serie e One Shot. Con quali finalità sono nate? Pensate di aggiungerne altre in un prossimo futuro?

Per noi queste serie sono motivo di orgoglio. Tendiamo a dare uno scopo e creare una cornice intorno alla musica che produciamo. Lineabeat è un progetto seguito in prima persona da Francisco con la collaborazione di Cosmo e raccoglie musica che suona come se fosse stata prodotta nel 1981 per l’Altromondo Studios di Rimini, Italian Dance Wave è la nostra compilation con quattro tracce di altrettanti artisti per uscita, Soundtrack Serie verte su dischi pensati come ipotetiche colonne sonore di film (visto che siamo stati proprio noi italiani i maestri nel genere!), ed infine la serie One Shot, basata su cover di brani del passato e caratterizzata da dischi single sided. Sono già abbastanza ma chissà, in futuro potrebbero aggiungersene altre, mai dire mai.

A contraddistinguere l’etichetta è anche l’aspetto grafico. Noto una crescente attenzione verso un tipo di arte che negli anni passati stava per essere sepolta. Quanto è importante per voi la copertina? Pensate lo sia anche per gli acquirenti?

Per noi è molto importante e sono sicuro che rappresenti un valore aggiunto anche per i supporter. Una copertina ben elaborata può stimolare la curiosità di un appassionato quando non conosce né l’etichetta né l’artista, come può essere capitato per alcune nostre uscite degli ultimi anni con cui abbiamo proposto produttori semi sconosciuti al loro debutto discografico. Per tale ragione cerchiamo di creare un lavoro il più possibile in linea con le sonorità del disco e con i gusti del compositore al quale chiediamo sempre un input visivo, una parola chiave o un’idea dalla quale partire. Non è un lavoro semplice ma siamo rimasti sempre soddisfatti del risultato finale. Abbiamo un team interno all’etichetta, composto da mio fratello Federico ed Emilia Gaglione per Slow Motion e Guillaume Jolicoeur per Wrong Era, che si occupa degli artwork. Interagiamo e ci confrontiamo apertamente oltre a collaborare, quando possibile, con gli artisti, cercando di mantenere una linea comune tra le varie copertine. L’aspetto grafico riesce a completare il messaggio sonoro. La vista è il primo senso che si usa quando si cerca nuova musica quindi se la grafica cattura l’attenzione è molto probabile che la musica faccia lo stesso effetto. Quante volte, nei negozi, è capitato di scegliere dischi da ascoltare solo perché infilati in una bella copertina? Poi magari, dopo averli ascoltati, non segue l’acquisto ma la grafica ha dato comunque alla musica una chance in più.

Siete abruzzesi, di Pescara per la precisione, ma avete fissato la vostra base operativa a Berlino. Perché? Se foste rimasti in Italia sareste riusciti ugualmente a fare tutto ciò che è avvenuto dal 2009 ad oggi?

A dire il vero siamo sparsi un po’ ovunque: io a Berlino, Fabrizio Mammarella a Milano, Federico ed Emilia a Roma, Andrea Tempo, Federico Motor e Cosmo tra Chieti e Pescara, Eugenio Altieri segue il mercato asiatico da Shanghai, Cristiano Grimaldi quello americano da New York ed infine MarcoAntonio Spaventi, che cura i master, è ad Amsterdam. Probabilmente se fossimo rimasti tutti a Pescara non sarebbe stata affatto la stessa cosa, risiedere in città che fervono dal punto di vista culturale e musicale ha grossi vantaggi, riesci a confrontarti con colleghi e prendere ispirazioni di continuo. Le porte poi sono molte di più e spesso aperte. Possiamo inoltre seguire più realtà legate ai party a marchio Slow Motion e non fossilizzarci in un club o in una città. Un esempio di cui siamo orgogliosi è il party mensile Italian Dance Wave al Dada Club di Shanghai.

Quali sono state le ultime pubblicazioni?

Da poco sono usciti i dischi per l’estate, “Lineabeat Vol. 4” di Francisco & Cosmo e “Mick” di Roy Comanchero su Wrong Era. Quest’ultima, rivista da Eddie C, è una traccia italo/balearic lunga otto minuti e pubblicata già un paio di anni fa da un’etichetta digitale. È perfetta per un party in barca, open air o un after hour epico. Ormai in pochi producono musica di questo tipo così abbiamo pensato di stamparla su vinile. Il disco è uscito da poco più di una settimana ed è già in fase di ristampa. L’ultimo EP su Slow Motion invece è stato “Dusk & Dreamland” di System Olympia, pubblicato da un paio di mesi. Siamo molto contenti di avere finalmente anche una ragazza che produce nel nostro stile, era un pezzo mancante del puzzle che finalmente è stato trovato.

Quali saranno invece le prossime uscite?

A settembre sarà tempo dei nuovi volumi di Italian Dance Wave, l’idea è farne uscire quattro all’anno. Inoltre sono pronte le release di Brioski, Altieri, Gallo, DJ Rocca, Marcello Giordani e Capofortuna. Su Wrong Era invece finiranno Win2Win, The Revolving Eyes e Fringe Society, alcuni sono side project di artisti già affermati come Win2Win dietro cui si nascondono Fabrizio Mammarella e Lauer, altri sono esordienti di cui sicuramente sentirete parlare in futuro. Per il 2018 stiamo ultimando gli album di System Olympia ed Armonics. Il formato LP è ancora poco esplorato dalla nostra etichetta e ciò rende il tutto ancora più interessante. Vorremmo provare inoltre ad aumentare i formati in futuro, affiancando al vinile e al consueto digitale anche la cassetta e il CD. Per una etichetta è importante dare la possibilità anche a fruitori che non siano strettamente addetti ai lavori di toccare con mano il prodotto.

C’è un artista che vi piacerebbe annoverare nel catalogo?

L’Alexander Robotnick degli anni Ottanta. Il suo sound di allora è sempre stato fonte di ispirazione soprattutto perché non si basava solo su un genere ma cercava di fondere in maniera originale diversi stili riuscendo a crearne uno unico e riconoscibile, proprio come fa Slow Motion del resto. Magari questo sogno si realizzerà un giorno.

Se esistesse la macchina del tempo, quale anno vi piacerebbe rivivere insieme alla Slow Motion?

È difficile scegliere ma sarebbe stato bello fare una ballata al Typhoon o andare ad un concerto dei Gaznevada.

www.slowmotionmusic.it

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